Entrando in città è il castello dei Pico della Mirandola ad impreziosirne il centro storico. Le prime testimonianze riguardanti l’esistenza del maniero risalgono al 1102, sebbene un precedente insediamento vi fosse già in epoca longobarda. Nel XVI secolo Giovanni Francesco II Pico (illustre filosofo e letterato) fece costruire il torrione del castello accrescendo così la sua già leggendaria inespugnabilità. Molti altri lavori furono poi eseguiti dai discendenti della famiglia Pico, che nel 1617 poté fregiarsi del titolo nobiliare ducale. Trascorso poco meno di un secolo, nel 1714, un fulmine colpì la torre, al tempo adibita a polveriera provocando un’esplosione così violenta da demolire gran parte del castello. In seguito la città passò al duca di Modena e i Pico si recarono altrove. Il maniero rimase per molti anni in stato di semiabbandono e soltanto dopo un lungo periodo alcuni investitori privati divenuti proprietari del bene fecero eseguire i lavori di restauro, senza tuttavia riportare il castello all’antico splendore. A partire dagli anni Novanta, però, ne è stata delineata una riqualificazione efficace e adeguata.
Il museo del biomedicale inaugurato nel 2010 proprio presso il castello dei Pico, in seguito al terremoto del 2012 è stato spostato in un altro edificio in via Focherini. L’esposizione è volta a far conoscere la storia, le capacità creative, l’ingegno produttivo del distretto biomedicale di Mirandola a partire dagli anni Sessanta.
Il duomo o chiesa di Santa Maria Maggiore è stato restaurato e quindi riaperto nel settembre 2019 dopo i danni subiti dal sisma del maggio 2012. Avere recuperato un bene architettonico, un importante riferimento religioso, un punto di orientamento apre ad un ragionamento che interessa il tema del restauro, la ricostruzione in sicurezza, ma che si pone anche in termini di ricostruzione sociale poiché riporta vitalità in un luogo ferito. Il restauro del duomo ha quindi enorme valore in sé, ma ha anche un peso che va al di là della delicata operazione di restauro. L’aver restituito alla comunità cittadina il duomo di Mirandola è averne ricomposto la storia riaprendola alla vita in termini di nuova ripartenza.
Vitalità, servizi e proposte
Il brio certo non manca a questa città che è fervida di idee, laboriosa, interessante, con attività commerciali ed artigianali che rapiscono lo sguardo. Bello è passeggiare per le vie del centro, ma anche prendere la bicicletta per avventurarsi lungo i tanti percorsi dedicati. Tra questi ve ne è uno che dalla città raggiunge Finale Emilia spostandosi lungo il tracciato di un vecchio sito ferroviario dismesso. Il tratto, di circa 26 chilometri, attraversa campi coltivati, costeggia case rurali e piccoli boschi regalando a piene mani i profumi e i colori stagionali che qui, soprattutto in primavera e in autunno, si vestono di una lucentezza e di un’intensità particolari.
Una terra ricca di sapori
La produzione agroalimentare vede eccellere la filiera zootecnica, quella vitivinicola, quella della frutticoltura e non si può non ricordare che proprio lo zampone è un prodotto tipico della città di Mirandola, una preparazione che ben si accosta al gusto intenso del lambrusco. La tradizione vuole che lo zampone sia portato in tavola accompagnato da lenticchie o da altri legumi, dal purè o dalle patate bollite. Un piatto irrinunciabile durante il periodo di Natale e in particolare per la cena dell’ultimo giorno dell’anno.