Un borgo tra Veneto ed Emilia- Romagna famoso per l’altissimo campanile pendente e per i meravigliosi tramonti sul Po. Un paesaggio da cartolina da scoprire anche in bici, attraversando un paesaggio fluviale proclamato nel 2019 riserva mondiale della biosfera dall’Unesco, che punta a preservare l’equilibrio tra attività umana e rispetto della biodiversità
Chi vive nelle vicinanze di un fiume sa quanto sia delicato il rapporto con l’acqua. L’acqua che plasma il territorio e che è fonte di sostentamento, ma che è soprattutto un equilibrio fragile da preservare. Lo sanno bene gli abitanti di Ficarolo, caratteristico borgo della provincia di Rovigo posto sull’argine sinistro del Po, nel punto in cui si incontrano tre regioni italiane: Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia. La flora e la fauna popolano intensamente questo tratto di fiume, che diventa un’immagine da cartolina soprattutto al tramonto, quando il sole si tuffa nelle acque del Po e lo sguardo si perde nell’infinito gioco di luci. Un’area dall’alto valore naturalistico che nel 2019 l’Unesco ha proclamato Riserva Mab – acronimo di Man and Biosphere – con la denominazione di “Po Grande”. Un luogo ideale per perdersi in bicicletta, seguendo i canali, gli argini e le piccole strade di campagna: un’occasione per girare accompagnati dal suono del vento, ammirando i paesaggi caratteristici dell’ambiente fluviale, avvistando uccelli e attraversando le aree di coltivazione.

L’origine del borgo. Alcuni storici attribuiscono a Ficarolo origini antichissime, ma il primo documento ufficiale che ne attesta l’esistenza risale al 936 d.C. Il paese ha legato il suo nome alla “Rotta di Ficarolo”, che nel 1152 sconvolse il corso del fiume, portando alla creazione di un nuovo ramo, che prese il nome di “Po di Ficarolo” e divenne in pochi anni quello principale. In epoca rinascimentale, la cittadina rimase sotto il controllo del Ducato di Ferrara, passò poi allo Stato Pontificio fino al 1815, quando il Congresso di Vienna cambiò i confini del Polesine di Rovigo e Ficarolo entrò a far parte del Regno Lombardo-Veneto. All’inizio del Novecento la vicinanza con il Po fu il fattore determinante per la nascita di un grande zuccherificio, il primo del Polesine, che fino agli anni Ottanta del secolo scorso impiegò centinaia di abitanti del paese. I resti di tale struttura, di proprietà privata, sono un esempio di architettura industriale di notevole interesse storico.
Il Grande Fiume. Ma più che le vicissitudini della storia, è sempre stato il Grande Fiume a scandire la vita di questo borgo, a dettarne i ritmi e persino gli umori dei suoi abitanti. L’acqua qui è il fattore determinante che opera una trasformazione costante degli ambienti naturali, in modo lento, ma continuo. Nel tratto che costeggia il comune, il Po forma due suggestive curve conosciute come “Curva dello Zuccherificio” e “Curva di Tontola” e tra queste corre il ponte che unisce il Veneto all’Emilia-Romagna. Un ponte che, oltre a essere una fondamentale arteria di collegamento tra le regioni, coincide con il tratto della Romea Strata, un’antica via medievale che collegava Venezia a Roma.

Il mix di tradizioni. Fu proprio questa posizione di confine a dare al borgo un’identità unica, in cui si rintracciano influenze emiliane e venete. L’influsso di tradizioni diverse lo si coglie, ad esempio, nella lingua: l’antica dominazione ferrarese ha lasciato in eredità la base del dialetto che, nel corso del tempo, si è amalgamato con il dialetto rodigino e quello mantovano. L’impronta emiliana è, del resto, evidente in Villa Giglioli, edificio cinquecentesco ispirato allo stile dell’architettura militare estense, lontana dai dettami delle ville venete. E lo stesso nella tradizione gastronomica, che mescola radici del Polesine con quelle del mantovano.
l campanile pendente . In piazza Marconi, a poche centinaia di metri dal Po, si staglia il campanile di Ficarolo. La torre è stata progettata nel XVIII secolo dall’architetto ferrarese Gaetano Barbieri, lo stesso che ha curato il progetto della chiesa parrocchiale. Si distingue per la sua elevata altezza – circa 75 metri compresa la croce – e per la notevole pendenza, che la rende seconda solamente alla torre di Pisa . Questo problema si palesò fin dalla sua costruzione e, nel corso degli anni, è stato oggetto di numerosi interventi di messa in sicurezza.
