Il riciclo contro lo spreco alimentare, un’opportunità di cambiamento per la sostenibilità ambientale

L’Italia è un esempio da seguire nella sostenibilità alimentare, ma possiamo e dobbiamo fare di più. Questo il messaggio di “Competere”, think tank europeo che riunisce le voci dei maggiori player europei nel campo dell’alimentazione attraverso l’unica piattaforma di discussione scientifica sulla sustainable nutrition

Secondo l’ultimo rapporto di Waste Watcher International, tra gli otto Paesi analizzati – Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Spagna, Germania, Cina e Russia, oltre all’Italia – siamo infatti più virtuosi. Un’affermazione che può sembrare azzardata: si stima che ogni italiano sprechi circa 31 chili di cibo all’anno, 593 grammi a settimana, per un valore complessivo di 7,4 miliardi di euro – 10,4 miliardi se includiamo lo spreco di filiera. Tuttavia, se presi nel contesto del quadro europeo e mondiale rivelano un’Italia particolarmente sensibile al consumo responsabile: tedeschi, canadesi e cinesi sprecano infatti il doppio di noi, gli americani il triplo.
L’attenzione del nostro Paese al tema della sostenibilità alimentare è da anni evidente nelle attività di raccolta differenziata e riciclo, che permettono di mitigare gli effetti dello spreco trasformando i rifiuti organici in fertilizzanti e biogas. Secondo il Rapporto Rifiuti Urbani dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), nel 2020 il 43% di tutti i rifiuti urbani avviati al riciclaggio erano di tipo organico, di gran lunga la porzione più ampia. Nel 2019 eravamo terzi in Europa per frazione di rifiuti organici trattati oltre 6 milioni di tonnellate, numero in crescita costante dal 2010 e riconfermato nel 2020. In questo, l’Emilia-Romagna è la Regione di gran lunga più virtuosa.
Tuttavia, le inefficienze legate allo spreco possono provocare distorsioni – si pensi alle numerose emergenze rifiuti nelle città – inaccettabili in un sistema alimentare globale teso verso la sostenibilità integrale. L’obiettivo, quindi, è duplice:
Azzerare gli sprechi alimentari partendo dalle buone pratiche – anche in casa – già in uso tra gli italiani, come la pianificazione del menu settimanale in base alle scadenze dei prodotti e l’acquisto di formati adatti all’unità familiare. Il calo demografico e la riformulazione dei nuclei familiari sono un fattore importante nella gestione del cibo: diverse catene di grande distribuzione organizzata, soprattutto nelle regioni settentrionali più colpite dal calo demografico, offrono porzioni alimentari di dimensioni adatte a micro-unità familiari.
Portare il tasso di riciclo in ogni luogo d’Italia pari o superiore a quello dell’Emilia-Romagna, la Regione più virtuosa. Elemento che richiede un intervento strutturale, a partire da nuovi impianti di smaltimento di vario tipo (compostaggio e trattamenti aerobici e anaerobici che producono rispettivamente fertilizzanti e biogas) laddove siano scarsi. Su questo, le disparità all’interno del Paese creano pericolosi squilibri di capacità: il Sud conta 62 impianti di compostaggio e 7 di digestione anaerobica a fronte dei 173 e 47 rispettivamente che si trovano al Nord, generando un deficit regionale nella capacità di assorbimento dei rifiuti pari fino al 700% in Campania (CIC, 2019). Si deve poi insistere sulla sensibilizzazione, una strategia già supportata, sempre secondo Waste Watcher, da più dell’80% degli italiani.

Ambiente Magazine

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