L’urgenza di affrontare i cambamenti climatici e le loro drastiche conseguenze chiama in gioco tutti gli attoriche in qualche modo possono agire per ridurre le missioni di CO2 in atmosfera o mitigare gli effetti dell’innalzamento delle temperature.
Tra le azioni prioritarie nel processo di decarbonizzazione si colloca la transizione energetica che deve essere agevolata e sviluppata a tutti i livelli.
L’Accordo di Parigi definisce un piano d’azione globale volto a mantenere ben al di sotto dei 2°C l’innalzamento delle temperature rispetto ai livelli preindustriali. La Commissione Europea ha presentato una strategia di lungo termine per ridurre a zero le emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050, con una tappa al 2030 che prevede la riduzione del 45 per cento.
Finalmente, dopo decenni di iniziative isolate per la mitigazione dell’innalzamento delle temperature, oggi a livello internazionale e comunitario sono in corso di definizione obiettivi vincolanti e strumenti operativi sia per il settore privato sia per gli enti pubblici.
Gli obiettivi europei ci chiedono di soddisfare almeno il 32 per cento del consumo interno lordo di energia con fonti rinnovabili entro il 2030 per dare avvio alla transizione energetica, con gli Stati membri che dovranno garantire ai cittadini il diritto di produrre energia rinnovabile per il proprio consumo, di immagazzinarla e di vendere la produzione in eccesso. Secondo i calcoli di Italia Solare, l’associazione che raggruppa gli operatori del settore fotovoltaico, a livello italiano significa raggiungere circa 50-55 GW di potenza fotovoltaica aggiuntiva, contro gli attuali 20 GW, con una produzione pari a quasi 82 TWh in un lasso di tempo di 12 anni. In termini numerici vuol dire passare dagli attuali 400 MW annui di nuova potenza fotovoltaica a oltre 5 GW/anno di media.
Gli obiettivi di sviluppo del fotovoltaico potranno essere raggiunti solo attuando una rivoluzione energetica che dovrà passare da un nuovo modello basato su autoconsumo, aggregatori e comunità energetiche. Perché ciò avvenga il Governo italiano deve recepire la Direttiva 2001/2018/UE sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, e in particolare l’articolo 21 che prevede il diritto dei cittadini a poter gestire collettivamente la produzione e il consumo di energia negli edifici e l’articolo 22 che sancisce il diritto dei consumatori a poter consumare l’energia da loro prodotta attraverso le comunità energetiche locali anche laddove l’energia sia trasportata mediante la linea di distribuzione.
Nello specifico l’articolo 21 prevede che i consumatori di energia all’interno di un edificio, anche se non costituiti in comunità energetica, possono generare e stoccare collettivamente energia per il loro autoconsumo oltre ad avere la possibilità di condividere tra loro l’energia prodotta e vendere collettivamente le eccedenze. La direttiva stabilisce inoltre che non necessariamente gli autoconsumatori devono avere la proprietà della linea elettrica interna al condominio.
L’Articolo 22 stabilisce invece che venga garantito a tutti i cittadini il diritto di
aderire a comunità di energia rinnovabile che producono, consumano, stoccano e vendono energia rinnovabile e che condividono fra i soci l’energia prodotta, mantenendo i diritti come consumatori singoli dei soci. Le comunità energetiche possono inoltre partecipare direttamente ai mercati elettrici e al regime di incentivazione e in termini economici dovranno solo pagare gli oneri
dovuti, tenendo conto però anche dei benefici che le risorse energetiche distribuite arrecano al sistema.
Costituire una comunità energetica significa quindi che cittadini, Comuni,
piccole e medie imprese sul territorio, possono aggregarsi in qualsiasi forma
(onlus, associazione, cooperativa, società, purché il profitto non sia primario oggetto) per investire in impianti che, fatta eccezione per l’autoconsumo negli edifici su cui sono installati, hanno la possibilità di immettere l’energia in rete.
In questo contesto il ruolo delle Pubbliche Amministrazioni è determinante
soprattutto nell’ambito della pianificazione. Ad esempio, i Regolamenti edilizi e i Piani regolatori dovrebbero prevedere l’individuazione di spazi necessari per l’installazione degli impianti fotovoltaici e semplificare l’installazione dei medesimi su edifici anche condominiali, con particolare attenzione all’associazione con le stazioni di ricarica dei veicoli elettrici. Allo stesso modo dovranno valorizzare da un punto di vista energetico gli immobili di loro proprietà con l’installazione di impianti fotovoltaici.
Le amministrazioni, inoltre, quando pianificano un territorio devono inserire indici che tengano conto del fabbisogno energetico cittadino, della percentuale di fabbisogno che si intende coprire attraverso fonti rinnovabili in loco e quanta è la superficie necessaria per raggiungere tali obiettivi. Sono solo alcuni spunti che la Pubblica Amministrazione deve tenere in considerazione e recepire per favorire e supportare la transizione energetica, che passa certamente dalle tecnologie efficienti e a costi competitivi, ma anche da una normativa in grado di favorire lo sviluppo di impianti a fonti rinnovabili e comunità energetiche.
Il ruolo determinante della Pubblica Amministrazione nella lotta ai cambiamenti climatici
Per come la Pubblica Amministrazione si può muovere e
assumere un ruolo attivo nel contrastare i cambiamenti climatici, Italia Solare ha organizzato nell’Auditorium del GSE di Roma un convegno con esperti nazionali per fare luce su come gli enti pubblici possano attuare “la differenza” nel processo di transizione energetica, come pianificarla e con quali tecnologie.