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Intervista a Massimo Podda
della Cantina Santadi
Quando e come nasce la Cantina Santadi?
Nasce nel 1960 grazie a 20 soci fondatori, nel 1976 la svolta
epocale della Cantina che passa da produzione di vini sfusi a
vini imbottigliati di pregio, riconosciuti in tutto il mondo.
Oggi i soci sono 200, gli ettari 650, i Paesi in cui distribuiamo
ad oggi sono oltre 40.
Santadi si trova nell’area sud-occidentale della Sardegna,
nel cuore del Sulcis. Quale correlazione vi è tra
l’eccellenza del prodotto vitinicolo e il territorio?
Il vitigno principe è il Carignano (uva rossa) dal punto di vista
del disciplinare nazionale vitivinicolo, siamo nella zona del
Carignano del Sulcis, appunto.
A distanza di oltre 40 anni di esperienza vissuta, i Soci
della Cooperativa hanno preso piena coscienza dell’unicità
del territorio. La vitalità della Cantina assicura una ricaduta
economica che ha accompagnato fin qui i Soci che hanno
iniziato l’avventura, i loro figli ed oggi anche i figli dei loro figli.
Quali sono i numeri della vostra produzione annua
complessiva? E quelli legati all’export?
Commercializziamo circa 1,7 milioni di bottiglie suddivise tra
oltre 20 etichette. Il 45% è export. Il Vino apicale è il TERRE
BRUNE, la cui prima annata è del 1984.
Dopo la crisi pandemica quali sono i piani di sviluppo
dell’azienda?
I tanti mesi di look-down e restrizioni ci hanno spronati ad
a rontare le cose in modo più rapido e reattivo verso le nuove
opportunità che il mercato o re.