La sensualità dell’Africa, l’intrigo dell’India, la raffinatezza della Francia. È Mauritius, l’isola della biodiversità. Da scoprire e da preservare, all’insegna di un turismo sempre più responsabile
Di Luciana Francesca Rebonato, direttore editoriale di Ambiente Comunità Sostenibili
Mauritius: trecentotrenta chilometri di costa, arabeschi di barriera corallina, fondali limpidi come cristallo e spiagge di sabbia bianca finissima, una diversa dall’altra. Non solo. Un susseguirsi di piantagioni di canna da zucchero, foreste e riserve naturali, lagune, cascate e corsi d’acqua che solcano il territorio nel quale colline e montagne alzano capricciosamente le loro forme, disegnando una composita scenografia, dominata dalle cromie del mare. Arrivando a Mauritius si atterra a Port Louis, piccola capitale dalla grande storia, un arazzo di seduzioni coloniali e antichità navali, con un vivace mercato di artigianato e rarità filateliche. Decollano le sorprese sulla costa nord, ideale per emozionarsi molto spostandosi poco: riflettori puntati sulla mondana Grand Baie e il suo alter ago, l’antico villaggio di pescatori Trou aux Biches, una distesa di sabbia bianca ombreggiata da casuarine. Al largo della costa, affiora dall’oceano una collana di isole: Coin de Mire, Gabriel, Ile Plate e Ronde. Echi di storia a Cap Malhereux e a Goodlands, quest’ultima meta worldwide dei collezionisti di modelli navali. Sulla costa occidentale si distende Flic en Flac, che primeggia nella hit parade delle spiagge dell’Oceano Indiano: sabbia candida e giardini subacquei, mentre la baia di Tamarin è il paradiso dei surfisti e delle immersioni nel blu. Cromatismi che virano all’oro, al porpora – che si stempera nel marrone -, al rosso vermiglio e al verde, invece, nel mosaico delle terre colorate di Chamarel: un fenomeno di origine vulcanica – con concentrazioni di ferro e alluminio, responsabili rispettivamente dei colori rosso e antracite, blu e viola –, un ventaglio di sette colori che si rincorrono sulle dune.
Riflessi turchesi e acquamarina si rincorrono fra le onde del mare e fronteggiano la penisola di Le Morne, patrimonio dell’Unesco, che si allunga ininterrottamente per quattro chilometri e introduce al sud: un mare di spiagge capitanate da Blu Bay, mentre all’interno si dispiegano le piantagioni di canna da zucchero di Bel Ombre e la città di Mahébourg – famoso il suo Museo navale – dalla quale si diramano diverse escursioni. Fra queste gli isolotti di Domaine des Etoiles, Ile Aux Aigrettes e Mouchoir Rouge. Mosaici di filaos, labirinti di palme e canna da zucchero e arenili a forma di mezzaluna delineano lo spaccato orientale di Mauritius, nel quale, vicino al caratteristico villaggio di Trou d’Eau Douce, si srotola al sole la spiaggia di Belle Mare, da percorrere lentamente, sollevando sbuffi di talco mentre lo sguardo cattura, al largo della costa, l’Ile aux Cerfs. E da Belle Mare ci si può dirigere verso le montagne: abissi e rilievi, ecco l’inaspettato binomio di Mauritius che si rivela ancor più suadente con i repentini passaggi dal regno di Nettuno alle avventure on the road con l’esplorazione dell’isola in 4×4 o con le escursioni in quad o con la visita a Pamplemousse, il più grande giardino tropicale dell’Oceano Indiano, vicino alla capitale. Da conoscere sono le piantagioni Bois Chéri, estese su duecentocinquanta ettari, dove ancora si raccolgono a mano le foglie che verranno poi lavorate nelle fabbriche per produrre il famoso tè che viene venduto in tutto il mondo. Da scoprire, fra le innumerevoli opzioni, sono anche la lavorazione dello zucchero di canna e degli oli essenziali mauriziani, per un percorso sensoriale solleticato da fragranze dominate da note di ylang ylang, vaniglia, vetiver e – soprattutto – anthurium, il fiore-simbolo dell’isola. Un’isola che è un hotspot di biodiversità, Mauritius, con numerose specie endemiche. Tutelarne la stabilità ecologica significa adoperarsi per un futuro sostenibile, nel quale i tesori naturali dell’isola possano continuare a prosperare per noi e per le generazioni a venire.