SI CONCLUDE CON SUCCESSO DOPO 4 ANNI IL PROGETTO “LIFE MODERn(NEC) COORDINATO DALL’ARMA DEI CARABINIERI – COMANDO UNITA’ FORESTALI AMBIENTALI E AGROALIMENTARI

Una nuova rede di monitoraggio per valutare gli effetti dell’inquinamento atmosferico su foreste e acque dolci. Aumentati i siti naturali di monitoraggio: sotto osservazione anche le foreste mediterranee e i laghi alpini d’alta quota. Identificati nuovi ulteriori indicatori per valutare gli effetti dell’inquinamento sulla biodiversità. Tra eDNA, Visibility e monitoraggi acustici, LIFE MODERn(NEC) avvia una nuova era nello studio dell’inquinamento atmosferico

Si è concluso con risultati eccellenti il progetto LIFE MODERn(NEC), l’iniziativa europea che ha rivoluzionato il monitoraggio degli effetti dell’inquinamento atmosferico sugli ecosistemi forestali e di acque dolci in Italia. Il progetto, finanziato dal programma LIFE dell’Unione Europea, ha risposto agli obblighi della Direttiva NEC 2016/2284/EU sui massimali nazionali di emissione per determinati inquinanti atmosferici.

LIFE MODERn (NEC) è stato realizzato da un consorzio di 8 partner che include istituzioni di ricerca, università, enti pubblici e organizzazioni ambientaliste, coordinato dall’Arma dei Carabinieri – Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari. Questa collaborazione multidisciplinare ha permesso di affrontare la complessità del monitoraggio ambientale con competenze complementari e approcci integrati.

Il progetto, infatti, ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nel campo del monitoraggio ambientale italiano con l’ambizione di diventare un modello per gli altri Stati Membri. Grazie a LIFE MODERn (NEC), la rete italiana di monitoraggio è stata ampliata con successo, portando il numero di siti a 20 stazioni, di cui 10 forestali e 10 di acque dolci. Questo ampliamento ha incrementato significativamente la rappresentatività degli ambienti considerati, includendo per la prima volta tipologie di ecosistemi precedentemente non monitorate, come le foreste mediterranee di leccio e i laghi alpini di alta quota. La nuova configurazione ha permesso di estendere la copertura geografica, creando un quadro conoscitivo molto più completo degli ambienti naturali italiani.

Uno dei risultati più significativi del progetto è stato lo sviluppo di 18 nuovi indicatori per valutare più efficacemente gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla biodiversità. Tra le innovazioni più rilevanti spicca l’introduzione del monitoraggio della visibilità, il primo protocollo europeo per valutare l’impatto dell’inquinamento sulla qualità visiva del paesaggio, replicando metodologie utilizzate nei parchi naturali degli Stati Uniti.

Il progetto ha inoltre pionieristicamente introdotto l’utilizzo del DNA ambientale (eDNA) per identificare specie elusive e rare, permettendo di rilevare la presenza di vertebrati attraverso l’analisi di tracce genetiche lasciate nell’ambiente. Inoltre è stato applicato per la prima volta estensivamente l’indice di Qualtià Biologica del Suolo, che ha permesso di scattare una fotografia dettagliata della biodiversità edafica, e che è risultatoparticolarmente utile per il monitoraggio in continuo e per rilevare cambiamenti nel tempo. Sempre relativamente alla diversità faunistica, iIl monitoraggio acustico ha rappresentato un’altra frontiera innovativa, consentendo l’analisi della diversità di pipistrelli e uccelli attraverso tecniche non invasive che forniscono un quadro sonoro completo della vita nel bosco.

Sono stati sviluppati nuovi parametri per le piante vascolari, tra cui gli indicatori “Compositional Diversity” e “Specific Leaf Area”, che permettono di valutare la complessità dell’organizzazione spaziale delle piante del sottobosco e le strategie di crescita delle specie vegetali.

Le risposte ecologiche dei licheni epifiti, noti per la loro sensibilità agli stress ambientali, hanno cosituito la base per sviluppare nuovi metodi basati sullo studio della diversità di gruppi funzionali come le specie fruticose e quelle sensibili alle sostanze azotate.

L’applicazione di tutti questi nuovi metodi permetterà di avere un quadro più esaustivo degli ecosistemi monitorati.

Le analisi condotte nell’ambito del progetto hanno evidenziato un quadro complesso, caratterizzato da tendenze preoccupanti ma anche da importanti segnali di miglioramento. Sul fronte delle criticità, emerge che la deposizione di azoto rimane elevata nella Pianura Padana e sui rilievi limitrofi, superando i livelli ritenuti sufficienti a danneggiare gli ecosistemi forestali. Il problema delle perdite di azoto dai suoli verso le acque superficiali e sotterranee rimane significativo, e progressi sono stati fatti verso la sua misura quantitativa. Il monitoraggio ha inoltre registrato un peggioramento delle condizioni delle chiome negli alberi di faggio e un declino persistente nelle conifere alpine, fenomeni legati alle ricorrenti estati calde e siccitose. Le concentrazioni di ozono troposferico si mantengono problematiche, attestandosi su valori di almeno 40 parti per miliardo durante tutti gli anni del progetto. Inoltre, in molti siti sono stati osservati sintomi fogliari riconducibili a danno da ozono, confermando l’effetto negativo di questo inquinante. Come nuovo indicatore per la valutazione del rischio di danni da ozono è stata utilizzata la dose fitotossica di ozono (POD), cioè una metrica che quantifica l’ozono effettivamente assorbito dalle piante tramite gli stomi.

Tuttavia, il quadro presenta anche aspetti incoraggianti. Si è registrata una significativa riduzione delle deposizioni di zolfo rispetto alla seconda metà del secolo scorso, con un conseguente ritorno del pH delle deposizioni a valori simili a quelli naturali. La qualità biologica dei suoli forestali si è dimostrata eccellente in tutti i siti analizzati, , confermando il buono stato ecologico degli ambienti monitorati.

Inoltre, risulta che le foreste mantengono la loro capacità di accrescimento e quindi la loro funzione di mitigazione degli effetti del cambiamento globale. Gli ecosistemi acquatici mostrano una risposta positiva alla diminuzione dei composti di zolfo e azoto, anche se questi ultimi continuano a essere presenti in quantità spesso superiore ai carichi critici.

L’approccio sviluppato da LIFE MODERn (NEC) si è dimostrato replicabile a livello internazionale. Il progetto ha sviluppato e testato con successo una strategia di replicabilità in Romania, attraverso la collaborazione con l’Istituto Nazionale per la Ricerca e lo Sviluppo Forestale “Marin Dracea” di Bucarest. Questa metodologia, articolata in quattro fasi che vanno dalla valutazione preliminare delle attività esistenti fino al calcolo condiviso degli indicatori, può essere estesa ad altri paesi europei per moltiplicare l’impatto del progetto oltre i confini nazionali e contribuire al raggiungimento degli obiettivi della Direttiva NEC su scala continentale.

Grande attenzione è stata rivolta alla didattica e alla sensibilizzazione. LIFE MODERn (NEC), infatti, ha investito significativamente nella formazione e nella comunicazione scientifica. Trenta rilevatori dei Carabinieri Forestali sono stati formati sulle nuove metodologie di monitoraggio, creando una base di competenze tecniche solida e duratura. Oltre 50 giornalisti sono stati informati sui temi dell’inquinamento atmosferico e sui suoi impatti sugli ecosistemi, contribuendo a una comunicazione più accurata e consapevole di queste tematiche ambientali.

Il progetto ha inoltre promosso ampie campagne di sensibilizzazione che hanno coinvolto scuole secondarie di primo grado, comunità locali e cittadini attraverso flash mob e clean air day coinvolgendo circa 3500 tra studenti, insegnanti, cittadini e rappresenti di associazioni locali. Sono stati realizzati materiali informativi dedicati, video divulgativi e una presenza attiva sui social network per diffondere la conoscenza scientifica e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della qualità dell’aria per la salute degli ecosistemi e dell’uomo.

“I risultati di LIFE MODERn(NEC) rappresentano un patrimonio scientifico fondamentale per le politiche ambientali italiane ed europee”, commenta il Col. t.SFP Claudio Marrucci, Project Leader del progetto, “La nuova rete di monitoraggio e gli indicatori sviluppati forniscono strumenti concreti per valutare l’efficacia delle misure atte ad orientare le future strategie di tutela ambientale. Il progetto ha dimostrato che il monitoraggio a lungo termine di ecosistemi in aree remote, non soggette a disturbo antropico diretto, contribuisce allo studio degli effetti dell’inquinamento atmosferico e degli altri fattori di stress ambientale. Questa rete rappresenta ora un’infrastruttura scientifica permanente che continuerà a fornire dati preziosi per la ricerca e per le politiche di conservazione”.

I risultati del progetto contribuiranno concretamente al raggiungimento degli obiettivi della Direttiva NEC e forniranno supporto scientifico essenziale alle autorità nazionali per l’implementazione delle politiche ambientali europee. Il database creato e le metodologie sviluppate rappresentano un’eredità duratura che continuerà a produrre benefici per la tutela degli ecosistemi italiani negli anni a venire.

Ambiente Magazine

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