Oli esausti: Cina principale esportatore UE e USA ma le scorte sono in esaurimento. T&E: “Rischio frodi”

Il settore dell’aviazione farà crescere la domanda di biofuels da oli da cucina usati. Secondo T&E, Cina e Malesia ne esportano più di quanti ne raccolgono: “ Gli UCO possono essere copertura per l’olio di palma”.

  • Il più grande produttore mondiale di UCO, la Cina, presto esaurirà le scorte di questo feedstock, mentre la domanda dall’Europa e dagli Stati Uniti aumenta vertiginosamente.
  • L’Europa consuma 130.000 barili di olio da cucina usato al giorno – 8 volte più di quanto riesce a raccogliere. Gli Stati Uniti consumano 40.000 barili al giorno.
  • Le compagnie aeree – da qui al 2030 – triplicheranno la domanda di UCO.
  • La discrepanza tra i dati di raccolta e quelli di esportazione per Cina e Malesia indicano probabili frodi in corso.
  • Mentre è in corso un’indagine anti-dumping, lo studio rileva che raccogliere UCO in Cina costa quasi il 30% in meno rispetto all’Europa.


Il più grande produttore mondiale di olio da cucina usato (Used Cooking Oil, UCO), la Cina, presto esaurirà le scorte di oli esausti, a causa della vertiginosa impennata della domanda di Europa e Stati Uniti per questa materia prima. È quanto emerge dal recente studio di Transport & Environment (T&E), organizzazione ambientalista indipendente europea, che ha commissionato una ricerca a Stratas Advisors, in cui viene esaminata la capacità di raccolta dei principali produttori mondiali di oli esausti. L’analisi rileva che, già oggi, la Cina esporta più della metà degli UCO che raccoglie, utilizzati principalmente per essere trasformati in biocombustibili per auto e camion europei e statunitensi. Non solo: la domanda di UCO è in predicato di triplicare entro il 2030, principalmente spinta dal settore aereo che li necessita per raggiungere gli obblighi di immissione in consumo previsti dagli obiettivi di carburanti ‘sostenibili’ per l’aviazione (Sustainable Aviation Fuels, SAF) [1]. Sulla base di questi risultati, T&E chiede di limitare le importazioni non sostenibili e di dubbia provenienza di questi oli esausti.

Domanda di UCO in crescita esponenziale. L’Europa consuma 130.000 barili di olio da cucina usato al giorno – 8 volte più di quanto raccoglie. Dopo l’approvazione dell’Inflation Reduction Act di Biden, anche gli Stati Uniti ora ne consumano 40.000 barili al giorno. Per colmare il divario tra raccolta domestica e domanda, entrambi i blocchi stanno importando sempre più UCO dalla Cina, oltre che dall’Indonesia e dalla Malesia. Ma poiché anche le compagnie aeree iniziano a partecipare a questo mercato, la domanda supera di gran lunga quanto può essere raccolto in modo sostenibile.


Tritto: “Biofuels da UCO non ci renderanno indipendenti”. “L’UE è ben lontana dall’essere autosufficiente nella raccolta di oli esausti per servire il fabbisogno energetico dei trasporti. Anche in Italia, i biofuels da UCO vengono presentati come una strategia per perseguire l’indipendenza energetica, ma la realtà è tutt’altra: dipendiamo e dipenderemo ampiamente dalle importazioni” commenta Carlo Tritto, Policy Officer per T&E Italia; che continua “I biofuels da oli esausti realmente sostenibili sono pochi: andrebbero utilizzati solo quelli raccolti a livello domestico e impiegati per la decarbonizzazione di settori hard-to-abate come l’aviazione, il cui mercato è più che sufficiente ad assorbire i volumi nazionali. Invece vengono utilizzati largamente in auto e camion, spingendo la domanda troppo in alto e determinando una situazione di dipendenza commerciale da importazioni dubbie dall’Asia”.

Settore dell’aviazione farà crescere esponenzialmente la domanda di UCO. La domanda globale di UCO è destinata a crescere esponenzialmente, spinta principalmente dall’entrata in vigore dei nuovi obiettivi per i carburanti per l’aviazione. La sola Ryanair avrebbe bisogno di tutti gli UCO disponibili in Europa per alimentare appena il 12,5% dei suoi voli, ossia il suo obiettivo volontario al 2030. I target globali al 2030 per l’impiego di carburanti sostenibili per l’aviazione (SAF) richiederebbero almeno il doppio dell’UCO che può essere raccolto da Stati Uniti, Europa e Cina insieme, dimostrando la difficile scalabilità di questo vettore.

Attenzione alle frodi: la Cina utilizza ed esporta più UCO di quanto raccoglie. Lo studio mostra ulteriori prove di possibili frodi. Nonostante in Cina la capacità di raccolta e i livelli di esportazione sembrino corrispondere, un enorme mercato illegale interno per l’olio di scarto suggerisce che ci sia un significativo consumo di UCO a livello domestico. Ciò fa pensare che il Dragone – tra esportazioni e consumi domestici – utilizzi molti più UCO di quanti ne raccoglie, sollevando forti sospetti che olio vegetale vergine possa essere etichettato come olio di scarto.

Attenzione alle frodi: il caso Malesia. Anche la Malesia, tra i più importanti produttori di olio di palma, esporta tre volte più olio da cucina usato di quanto non riesca a raccoglierne internamente, rilevano i dati di Stratas. La maggior parte di queste materie passa attraverso i Paesi Bassi o va nel Regno Unito, un paese con il più alto obiettivo di carburanti sostenibili per l’aviazione (SAF).

Tritto (T&E): “Rischio di frodi elevato: gli UCO possono essere copertura per l’olio di palma”. Carlo Tritto ha aggiunto: “Il fatto che la Malesia – uno dei maggiori produttori mondiali di olio di palma – esporti molti più UCO di quanti ne raccoglie, dimostra che il rischio di frodi lungo le catene di approvvigionamento è più che elevato. La discrepanza tra i numeri di raccolta ed esportazione ci suggerisce che di fatto gli UCO potrebbero essere solo una copertura per l’olio di palma, che – se impiegato per la produzione di biocarburanti – può avere un impatto climatico fino a tre volte superiore rispetto al carburante fossile che teoricamente dovrebbe sostituire”.

Importazioni di UCO cinese a basso costo rende poco attrattivo il business della raccolta in UE. I dati di Stratas mostrano che raccogliere UCO in Asia costa circa il 30% in meno rispetto all’Europa. Questo ha comportato un eccesso nell’offerta di biodiesel cinese a basso costo, inducendo una riduzione nei prezzi del mercato europeo dei biofuels nel 2023 e rendendo meno attrattivo il business della raccolta in Europa. L’UE potrebbe potenzialmente recuperare il doppio dell’UCO che raccoglie oggi, ma – afferma T&E – questo sarebbe più probabile senza le importazioni cinesi a basso costo.

T&E: “Revisionare il sistema di certificazioni per evitare frodi”. Alla luce delle evidenze che emergono da questo studio, T&E chiede una revisione completa dell’attuale sistema di certificazione. Il sistema poggia su autodichiarazioni dai punti di origine dell’UCO – come i ristoranti – e manca di test efficaci per analizzare le materie prime che arrivano nelle bioraffinerie. Queste debolezze nella filiera di certificazione rendono facile l’export, verso l’Europa, di UCO o biocarburanti da UCO potenzialmente adulterati.

T&E: “Regolamentazione più severa”. Per risolvere questo corto-circuito di potenziali frodi che finiscono per essere pagate dai consumatori, T&E chiede che l’UE passi da schemi volontari, indipendenti e guidati dall’industria a una regolamentazione più severa, con maggiori controlli governativi a livello europeo e nazionale. Infine, T&E chiede ai governi di smettere di conteggiare gli UCO importati negli obiettivi di sostenibilità, per evitare che oli vergini come quello da palma vengano etichettati come ‘usati’.

Nota per i redattori

[1] Teoricamente, potrebbero essere utilizzate materie prime diverse dall’UCO per soddisfare i mandati SAF, ma, nel breve termine, gli UCO – insieme ai grassi animali – sono visti come le opzioni più economiche dai fornitori di carburanti. Oltre l’80% dei volumi di SAF è attualmente prodotto da UCO.

Ambiente Magazine

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