Intervista di Luciana Francesca Rebonato, direttore editoriale di AMBIENTE Comunità Sostenibili Lf.rebonato@visitalymaps.com
Climatologo dei telegiornali Mediaset per i quali cura le previsioni del tempo, Andrea Giuliacci è una delle figure italiane più autorevoli nel contesto della fisica dell’atmosfera. Con la capacità di comunicare in modo chiaro argomenti complessi
Il pianeta soffre. Eppure sussiste un divario tra la comunità scientifica e “L’animale uomo” – citando Desmond Morris – sulla realtà dei cambiamenti climatici. Come farli confluire in una sinergia fattiva?
È vero, a dispetto dell’evidenza scientifica la maggior parte della gente fa ancora fatica a percepire il contrasto al cambiamento climatico e, più in generale, il rispetto dell’ambiente come delle priorità. Almeno per quel che riguarda il cambiamento climatico, in passato ciò dipendeva soprattutto dal fatto che il problema era visto lontano nel tempo e nello spazio: certo, gli orsi polari cui letteralmente si squagliava il ghiaccio sotto i piedi rappresentavano un’immagine triste, certo l’idea di un’Italia di fine secolo senza ghiaccio sulle montagne lasciava l’amaro in bocca, certo il pensiero di cicloni tropicali sempre più violenti capaci di seminare morte e distruzione in alcune mete turistiche esotiche rappresentavano una preoccupazione. Ma si trattava di problemi che riguardavano regioni lontane da casa nostra o tempi che comunque non avremmo vissuto in prima persona, mentre la rata del mutuo o l’iscrizione dei figli a scuola rappresentavano questioni ben più urgenti e tangibili. Ora però anche questa “distanza” del cambiamento climatico è venuta meno: sempre più spesso, anche in Italia, abbiamo a che fare con alluvioni lampo, eccezionali grandinate, ondate di caldo estremo e periodi di grave siccità. Insomma, anche gli italiani stanno vivendo sulla loro pelle i capricci del cambiamento climatico. E allora perché fanno tanto fatica ad agire per contrastare il fenomeno e per proteggere l’ambiente che ci circonda? Probabilmente perché il problema è stato comunicato male e, soprattutto, si sono usati i toni sbagliati, troppo catastrofisti e ansiogeni, ottenendo così un risultato opposto a quello desiderato.
Quali sono, secondo lei, le tecnologie più promettenti per la decarbonizzazione e la transizione verso un’economia a basso impatto climatico?
Sicuramente tutte quelle tecnologie che consentono di soddisfare il nostro fabbisogno energetico senza emettere gas climalteranti possono contribuire in modo importante: quindi le fonti rinnovabili, con fotovoltaico ed eolico in prima linea, ma anche il nucleare, sebbene chiaramente comporti altre criticità – le scorie radioattive – che pur non chiamando direttamente in causa il clima, richiedono trattamenti complessi per evitare di danneggiare l’ambiente. Nel lungo periodo io personalmente ripongo grande fiducia anche nell’energia nucleare da fusione, quella cioè che cerca di replicare il meccanismo di funzionamento del Sole, con la produzione di grandi quantità di energia senza il problema delle scorie radioattive: è la soluzione del futuro, ma bisognerà attendere ancora qual che decennio per arrivare al completo sviluppo di quella tecnologia. C’è poi un aspetto che spesso viene trascurato e che al contrario può dare un contributo importante: l’efficientamento energetico, ovvero tutte quelle azioni che consentano di ridurre al minimo gli sprechi di energia e, di conseguenza,
anche le potenziali emissioni di gas climalteranti.
Le attuali politiche di riduzione delle emissioni di gas serra in Italia sono sufficienti per raggiungere gli obiettivi globali stabiliti dall’Accordo di Parigi?
È evidente che le attuali politiche, in Italia come in tanti altri Paesi, non siano sufficienti a raggiungere gli obiettivi indicati dall’Accordo di Parigi. Ma a mio avviso dobbiamo guardare al mezzo bicchiere pieno: qualcosa comunque è cambiato e ci siamo avviati sulla giusta strada. Senz’altro sarebbe meglio se questa via venisse percorsa più rapidamente, come stabilito appunto dagli Accordi di Parigi, ma i risultati ottenuti secondo me vanno considerati comunque buoni e, soprattutto, impensabili anche solo dieci-quindici anni fa.
Il surriscaldamento globale ha modificato i modelli delle precipitazioni a livello mondiale, con periodi di siccità più lunghi in alcune regioni e intensificazione di eventi di pioggia torrenziale in altre. Vi sono linee preventive per arginarne le conseguenze?
Le conseguenze del cambiamento climatico, e in particolare l’estremizzazione delle piogge, necessitano di efficaci e tempestive politiche di adattamento: il clima purtroppo sta cambiamento molto rapidamente, e noi dobbiamo essere altrettanto rapidi nel cambiare le nostre abitudini e modificare il nostro territorio. Anche perché i dati del periodo più recente dimostrano che le medesime regioni, nell’arco di pochi anni, possono andare incontro sia a gravi periodi di siccità sia a fasi eccezionalmente piovose: ne è un esempio il Nord Italia, afflitto nel 2022 da una siccità record, per alcune regioni addirittura la peggiore degli ultimi decenni, e al contrario in questo 2024 alle prese con continui violenti nubifragi e piogge nel complesso eccezionalmente abbondanti. Ebbene i dati raccolti dagli strumenti meteo dimostrano che le piogge in Italia stanno divenendo via sempre più irregolari, per cui sta aumentando sia la frequenza dei periodi siccitosi sia la frequenza delle piogge violente. Diventano quindi fondamentali quelle infrastrutture – bacini di laminazione, argini, invasi, barriere mobili – che possono mettere in sicurezza e proteggere il territorio e la popolazione di fronte a eventi meteo-climatici estremi. Ma altrettanto importante è l’educazione alla protezione civile: ancora oggi, soprattutto in Italia, la maggior parte delle persone purtroppo ignora quali siano i comportamenti da tenere per mettersi al sicuro in occasione di eventi piovosi estremi o cosa fare per evitare gli sprechi di acqua quando invece si devono affrontare lunghi e severi periodi di siccità.
Quali sono gli strumenti e le politiche che abbiamo oggi a disposizione per contrastare il cambiamento climatico, le misure più urgenti da adottare e i risultati che ne conseguirebbero?
Credo che lo strumento più efficace sia l’istruzione: noi dobbiamo creare già oggi il cittadino di domani consapevole che c’è un problema e con esso, attraverso i corretti comportamenti e le politiche adeguate, anche la possibile soluzione. Ecco perché ritengo che il contrasto al cambiamento climatico debba partire necessariamente dalle scuole: è in aula che si possono gettare le basi per vincere questa sfida. Qualsiasi misura, sebbene possa apparire tecnicamente efficace e risolutiva, perde di valore se non viene sostenuta con convinzione dalla maggior parte della popolazione: fare in modo che i cittadini conoscano davvero il problema è quindi essenziale per creare attorno alle politiche di mitigazione e adattamento quel consenso che è indispensabile per realizzare le opere necessarie. Se tutti i cittadini italiani chiedessero energia “pulita”, disposti magari anche a pagare qualcosa in più in bolletta pur di averla, il mercato si adeguerebbe in modo naturale: ma per arrivare a ciò dobbiamo fare in modo che la cittadinanza sappia di cosa si sta parlando e riconosca all’energia “pulita” il giusto valore, che giustifica anche qualche piccolo sforzo economico.
Ognuno di noi, con le proprie azioni, è responsabile di sé stesso e della collettività. Cosa raccomanderebbe alle nuove generazioni per un futuro nel quale la sostenibilità diventi il cardine della quotidianità?
Raccomanderei di “consumare di meno e meglio”. Oggi il vero problema, nel nostro rapporto con l’ambiente, è che consumiamo troppo, molto più di quanto ci offra il nostro Pianeta: un comportamento che, appunto, non è più “sostenibile” e che mette a rischio non tanto l’esistenza della Terra quanto piuttosto la nostra stessa sopravvivenza. Dell’energia non possiamo fare a meno, lo sappiamo, ma dobbiamo imparare a evitare gli sprechi, utilizzando solo quella strettamente necessaria, e anche scegliere meglio l’energia da consumare, cercando quel tipo di energia – ad esempio da fonti rinnovabili – che ha un basso impatto sull’ambiente. E lo stesso discorso vale chiaramente per tutte le altre preziose risorse che il Pianeta ci offre, a cominciare dall’acqua: se vogliamo che la Terra garantisca il maggior benessere possibile a miliardi di persone, dobbiamo imparare a gestire nel migliore dei modi le risorse disponibili, innanzitutto consumando meno e consumando meglio!