Con il 92% dei vegetali certificati secondo lo standard di sostenibilità “FSA SAI Platform”, una delle principali iniziative a livello globale per la sostenibilità agricola, e il 100% di pesca e acquacoltura certificata MSC e ASC, l’azienda parte del gruppo Nomad Foods è impegnata in progetti per la salvaguardia dell’ambiente, il risparmio delle risorse e la sensibilizzazione dei consumatori sulla riduzione degli sprechi alimentari
Findus, azienda del Gruppo Nomad Foods, è un marchio storico del settore dei surgelati presente da oltre 60 anni sulle tavole degli italiani. I suoi prodotti, consumati ogni anno da 15,8 milioni di famiglie, hanno generato nel 2024 un fatturato nelle vendite al dettaglio di 669,5 milioni di euro. Una realtà consolidata che, come racconta il country manager di Findus Italia, Renato Roca, ha scelto di svolgere anche un ruolo attivo nel “ridurre l’impatto ambientale” e “restituire al territorio ciò che da esso riceviamo”.

Che ruolo occupa la sostenibilità nella strategia di Findus?
La sostenibilità è da sempre al centro della filosofia aziendale: produrre cibo riducendo l’impatto ambientale e preservando le risorse naturali è la missione di Findus. Ci impegniamo a restituire al territorio ciò che da esso riceviamo, contribuendo così a migliorare l’ambiente in cui operiamo e viviamo. L’attenzione nella cura dei propri vegetali dal campo alla tavola, lungo tutta la filiera, vive all’interno di “Green for love”, un vero e proprio manifesto presentato da Findus nel 2023 e che riassume l’impegno dell’azienda per una filiera di vegetali più responsabile e sostenibile. Ad oggi, oltre il 92% dei volumi totali di vegetali è certificato secondo lo standard di sostenibilità FSA SAI Platform, una delle principali iniziative a livello globale per la sostenibilità agricola. Per quanto concerne la sostenibilità ittica, Findus sta portando avanti il programma “Fish For Good, per il futuro degli oceani”, un vero e proprio manifesto per la salvaguardia degli oceani. Da tempo l’azienda si impegna a selezionare solo pesca sostenibile e acquacoltura responsabile, supportando attivamente progetti di miglioramento delle filiere di pesca che rispettino alti standard di sostenibilità. Oggi, il 100% degli approvvigionamenti di Findus proviene da pesca sostenibile certificata MSC e acquacoltura responsabile certificata ASC, garantendo la completa tracciabilità di ogni prodotto ittico.

Come si concretizza l’impegno per una filiera più sostenibile?
Il sistema di irrigazione a goccia consente, ad esempio, di dare acqua alle coltivazioni in maniera mirata, evitando sprechi di acqua ed energia. Oggi Findus utilizza questo sistema su tutte le colture di pomodoro (100%), zucche (80%), zucchine (100%) e patate (60%). Nei campi Findus si è potuto così risparmiare in pochi anni fino al 30% di risorse idriche ed energetiche, rispetto al classico sistema di irrigazione ad alta pressione.
Inoltre, nelle aree di coltivazione, sono attive due stazioni meteorologiche che monitorano in tempo reale il meteo; utilizziamo poi teli per la pacciamatura biodegradabili al suolo, che offrono buone performance agronomiche relativamente al controllo delle malerbe: una volta utilizzati, possono essere lasciati nel terreno e biodegradati naturalmente, non devono essere raccolti e smaltiti a fine stagione.

Un ruolo importante lo gioca anche la sensibilizzazione dei consumatori…
Nella strategia di sostenibilità di Findus, è centrale anche l’impegno ad informare il consumatore su questi temi, a più livelli. Se ne parla sulle confezioni dei prodotti, nel corso di eventi sul territorio, attraverso attività di comunicazione e sviluppando progetti diretti ai consumatori, anche del domani. Un esempio concreto in questo senso è il progetto “A scuola di futuro”, realizzato insieme a ScuolAttiva Onlus. Attivo da 8 anni, il programma ha coinvolto 4.230 scuole e sensibilizzato oltre 278mila studenti su temi come la biodiversità e il rispetto delle risorse naturali.
In Italia lo spreco alimentare avviene principalmente tra le mura domestiche: cosa fate come azienda per combatterlo?
In questo percorso, i surgelati rappresentano una leva concreta e strategica per la riduzione degli sprechi alimentari, grazie alla loro lunga conservabilità e alla possibilità di utilizzare solo ciò che serve, quando serve. Rendere più efficiente la gestione delle risorse lungo tutta la filiera, dal campo alla tavola, significa contribuire a un modello alimentare più intelligente e rispettoso dell’ambiente. Come azienda leader ci impegniamo a guidare questa evoluzione, rafforzando il nostro impegno nell’accrescere questa consapevolezza, promuovendo il ruolo del surgelato come alleato per combattere il problema del food waste e valorizzare appieno il potenziale del frozen food negli anni a venire.

SPECIALE SPRECHI ALIMENTARI
Una ricerca rivela che il cibo meno sprecato è quello surgelato
Nei paesi industrializzati il food waste avviene principalmente tra le mura domestiche. Così anche in Italia, dove a finire più frequentemente nelle pattumiere sono frutta fresca, verdure e pane fresco. Il frozen food, con un impatto complessivo del 2,2%, ha invece un peso nettamente inferiore.
In Italia, nonostante la crescente sensibilizzazione dei consumatori in termini di sostenibilità, lo spreco alimentare domestico resta un fenomeno diffuso e preoccupante. Ogni settimana gettiamo in media quasi sette etti di cibo: per l’esattezza 667,4 grammi di cibo a persona, sempre di più visto che lo scorso anno ne venivano sprecati 566 (più 17,9% rispetto al 2024). I dati arrivano dall’indagine dell’Osservatorio Internazionale Waste Watcher-Campagna Spreco Zero realizzata per conto dell’Istituto Italiano Alimenti Surgelati, che ha quantificato l’incidenza del comparto frozen sullo spreco alimentare complessivo.
I cibi più sprecati
Ma cosa finisce più frequentemente nelle nostre pattumiere? Secondo lo studio soprattutto frutta fresca (24 grammi pro capite a settimana), insalate (17,6 grammi), cipolle, aglio e tuberi (17,1 grammi), pane fresco (16,3 grammi) e verdure (oltre 16 grammi). Hanno invece un impatto nettamente inferiore i prodotti surgelati: di questi ne sprechiamo mediamente 14,9 grammi a persona ogni settimana, con un impatto di appena il 2,2% rispetto allo spreco individuale complessivo.

I prodotti sottozero
Riguardo all’utilizzo dei surgelati, un report recentemente presentato da Findus, Frozen in Focus, ha invece analizzato le abitudini di consumo di oltre 7.500 consumatori in cinque Paesi europei (Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Svezia) facendo emergere un dato chiaro sulla fiducia riposta dai consumatori nei confronti del frozen food: quasi la metà, per la precisione il 47%, sceglie oggi i prodotti surgelati con l’obiettivo di ridurre gli sprechi alimentari. I motivi di questa fiducia sono molteplici: i cibi surgelati si conservano più a lungo, richiedono minori consumi d’acqua ed energia elettrica per la loro preparazione, non producono scarti perché già pronti all’uso e sono più facili da dividere in porzioni. Tutti elementi che permettono al consumatore di ottimizzare il tempo di preparazione e consumare meno risorse come acqua ed energia.
I danni dello spreco alimentare
Quando buttiamo via del cibo, oltre a sprecare il prodotto stesso, sprechiamo anche tutte le risorse che hanno contribuito a portarci quel determinato alimento sulla tavola: l’impiego di persone per la sua produzione, l’utilizzo di suolo, il trasporto e la logistica, il consumo di carburante, l’acqua, gli imballaggi e altro ancora. Poi, quando il cibo che abbiamo gettato finisce in discarica, questo si decompone e produce metano, un gas che contribuisce significativamente al riscaldamento globale.