Rifiuti tessili: l’azione normativa della Unione Europea e le buone pratiche dei consumatori – Alessandra Gallo

La moda è il secondo settore per impatto ambientale. Produce da solo tra l’8% al 10% delle emissioni di Co2 globali. Per quanto riguarda i rifiuti tessili, solo in Europa, si aggirano intorno alle 7,5 tonnellate annue, 15 kg di rifiuti pro capite.

Un triste primato che però tutti noi contribuiamo ad alimentare con le nostre scelte quotidiane. Infatti, a prescindere dalla nostra attività professionale, età o genere tutti noi acquistiamo abiti ed accessori non tanto per necessità, quanto per piacere.

Siamo passati dai 12 capi nel 1980, ai 68 capi acquistati all’anno nel 2022  e La media europea di utilizzo è di 7/8 volte prima di disfarci dei nostri capi (fonte Mckinsey).

L’Unione Europea ha studiato e recentemente approvato una serie di misure atte a gestire e riciclare la grande quantità di rifiuti tessili che produciamo.

Nell’ambito di un pacchetto di misure sull’economia circolare, la direttiva (UE) 2018/851 modifica la direttiva 2008/98/CE e stabilisce nuovi obiettivi per il riciclaggio dei rifiuti urbani tra cui quelli tessili. Gli stati membri, entro il il 1 gennaio 2025, dovranno riciclare almeno il 55% dei rifiuti tessili prodotti dalle famiglie. Ma in Italia quest’obbligo, rivolto ai comuni, è stato anticipato al 1° gennaio 2022 dal DL 116/2020. Attualmente, nel nostro paese sono attivi quattro consorzi: Retext.Green (fondato da Sistema Moda Italia e Fondazione del Tessile Italiano), Ecotessili (fondato da Federdistribuzione), Cobat Tessile (parte di COBAT, piattaforma multi-consortile controllata da Innovatec) e Re. Crea (coordinato da Camera nazionale della moda Italiana e fondato da diversi noti brand di moda italiani).

Ma cosa possiamo fare noi consumatori per ridurre la produzione di scarti tessili ? E’ necessario ritornare alla vecchia,sana abitudine di riflettere prima di acquistare e ridurre i nostri acquisti compulsivi. Inoltre bisogna imparare ad allungare la vita dei nostri abiti. Per la moda a basso impatto “Il capo più sostenibile è quello che hai già nell’armadio”. Ma con il passare degli anni noi cambiamo (lavoro, età, taglia, gusti, ambienti frequentati) ed anche il nostro guardaroba segue i nostri cambiamenti. Questo spesso vuole dire capi accumulati e non utilizzati nel guardaroba. Quindi dobbiamo imparare a ri-inventare i nostri abiti in base alle nuove esigenze, prima di passare all’acquisto del nuovo.

Dobbiamo pensare in ottica circolare usando le tre R: riparare, riciclare, ripensare.

Riparare: troppo spesso i capi vengono buttati ancora in ottimo stato a causa di una scucitura, una zip rotta, un bottone perso. Il libro di Orsola de Castro “I vestiti che ami vivono a lungo” ci consiglia come riparare e manutenere i nostri abiti.

Riciclare: questo verbo può avere molti significati.  Oggi nell’era della moda sostenibile c’è anche lo swap party. Un evento privato o pubblico in cui si scambiano i vestiti che non usiamo più che che altri possono ancora amare ed usare. Riciclare vuol dire anche rivendere un capo in buono stato. Infatti il mercato del secondhand sta avendo, negli ultimi anni, un’importante crescita.

Ripensare: ho usato questo termine per avere la possibilità di parlarvi dell’upcycling. Questa è un’altra grande tendenza della moda responsabile. Se cercate su Google il termine upcycling scoprirete un mondo di giovani design che fanno del riciclo un’arte, trasmettendo la loro vena creativa diventando marchi di riferimento specialmente per la generazione Z.

L’impatto dei rifiuti sull’ambiente ci riguarda tutti, per questo ognuno di noi deve diventare parte del cambiamento.

Alessandra Gallo – Fashionable Green (Profilo LinkedIn) Alessandra Gallo 30.09.2024

Studio di consulenza per strategie di prodotto a basso impatto

Email: info@fashionable-green.com – Website: https://www.fashionable-green.com

Ambiente Magazine

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