INTERVISTA DI SABRINA DEL FICO (FEBBRAIO 2024)
Ne sentiamo parlare sempre più frequentemente: la biodiversità che ci circonda sta morendo a un ritmo impressionante, con sempre più specie animali e vegetali minacciate di estinzione. Nel giro di pochi decenni, il mondo che conosciamo potrebbe non esistere più, mentre noi dovremo ripensare al nostro modo di sostenere la nostra sopravvivenza.
Siamo davvero a un passo dall’estinzione di massa, come preannunciano gli scienziati più radicali? Ne abbiamo parlato con Maurizio Casiraghi, biologo e docente di zoologia presso l’Università degli studi di Milano–Bicocca, autore del saggio “Sempre più soli. Il pianeta alle soglie della sesta estinzione” (edito da Il Mulino) >>> amazon.it/Sempre-soli-pianeta-soglie-estinzione
Cosa vuol dire “biodiversità”?
Sorprende che il termine “biodiversità” esista solo da poco più di trent’anni. Fu coniato da Edward Osborne Wilson, un biologo studioso di formiche, che a un certo punto in una conferenza parlò di “varietà di mondo biologico”, sintetizzando questo concetto con il termine biodiversità (letteralmente: “diversità della vita”).
Il concetto alla base della biodiversità è molto semplice e possiamo sintetizzarlo con due definizioni: la diversità degli organismi che esistono sulla Terra, ovvero le specie, e la variabilità degli individui all’interno di una stessa specie.
Quindi, da una parte consideriamo le diverse specie che popolano il Pianeta (c’è chi dice siano circa due milioni, chi parla di otto o addirittura cento milioni di specie diverse), dall’altra la variabilità dei singoli all’interno del contenitore chiamato specie.
Ha senso parlare di “sesta estinzione di massa”? Perché?
Allora, l’estinzione delle specie animali e vegetali è un fenomeno normale, che fa parte della Natura e che non dovrebbe impressionarci più di tanto: la storia ci insegna che, tranne rare eccezioni, una specie vive sul Pianeta in media per quattro o cinque milioni di anni prima di estinguersi e lasciare spazio a nuove specie.
Ci sono stati dei momenti nella storia della Terra in cui il tasso di estinzione è stato anomalo e più del 75% delle specie viventi presenti in quel momento storico ha finito per estinguersi. Questi momenti – nella storia ne sono stati individuati cinque – sono stati definiti dagli scienziati come “estinzioni di massa”. L’ultima estinzione di massa è avvenuta circa 66 milioni di anni fa e ha portato all’estinzione dei dinosauri rettiliformi, mentre solo gli antenati degli attuali uccelli sono sopravvissuti.
Tutte le estinzioni di massa del passato sono avvenute per cause naturali e sono spalmate in un periodo di tempo molto lungo. Oggi invece, buona parte della responsabilità della crisi della biodiversità che stiamo vivendo è da imputarsi alla nostra specie, che in un giro di anni relativamente breve (250 anni, a partire dalla rivoluzione industriale) ha agito sull’ambiente alterandolo in maniera profonda.
C’è una cosa da sottolineare, però: attualmente stiamo assistendo a una crisi della biodiversità in generale, ma sono le specie attorno a noi, quelle che favoriscono la nostra sopravvivenza, a esserne maggiormente influenzate. Altri gruppi invece continuano a prosperare e nel futuro, fra migliaia di anni, scommetterei che la vita continuerà a proliferare per alcuni insetti, per i topi e i batteri[MC1] .
Quali sono le cause di questa crisi?
Le cause della crisi della biodiversità sono numerose e diverse, ma hanno un comune denominatore: tutte sono fortemente connesse alla presenza dell’essere umano sul Pianeta.
Il primo fattore connesso alla crisi della biodiversità e certamente il riscaldamento globale, legato all’innalzamento temperature: può sembrare una sciocchezza, ma anche solo uno o due gradi fanno una enorme differenza, per esempio, per gli organismi marini. Noi stessi ci sentiamo male se la nostra temperatura corporea aumenta anche solo di un grado.
Vi è poi il drammatico fenomeno della frammentazione degli habitat: le attività antropiche depauperano le risorse ambientali, gli habitat riducono le loro dimensioni e si frammentano in parti più piccole sempre più difficilmente connesse. Queste zone separate non hanno lo stesso valore ecologico di un’area più grande. All’interno del mio libro faccio l’esempio di un tappeto persiano. Se prendiamo le forbici e tagliamo il tappeto in tanti pezzi, l’area complessiva dei frammenti non sarà molto diversa rispetto a quella del tappeto integro, ma la capacità di copertura è fortemente compromessa.
Un’altra delle cause della crisi della biodiversità è la presenza negli habitat di specie invasive: le migrazioni delle specie sono fenomeni naturali e sono sempre esistiti, ma le specie invasive creano una problematica perché alterano gli ambiente naturali e portano all’estinzione molte specie.
Infine, vi sono due problemi direttamente connessi alla presenza umana, ovvero lo sfruttamento estremo delle risorse e l’inquinamento: ci comportiamo come se le risorse naturali fossero infinite, e allo stesso tempo rilasciamo nell’ambiente emissioni inquinanti, gas tossici e rifiuti che alterano gli ecosistemi.
Ci tengo però a fare una precisazione che spesso viene dimenticata. L’essere umano non è innaturale, ma fa parte della Natura e della biodiversità. In altre parole, noi siamo una delle condizioni di naturalità del Pianeta ma, con le nostre azioni scellerate, stiamo accelerando in maniera notevole la distruzione dell’ambiente in cui viviamo.
Nel suo libro menziona la Red List stilata dall’IUCN. Qual è la sua importanza per la biodiversità?
Lord Kelvin, presidente della Royal Society, diceva: “Noi conosciamo quello che riusciamo a quantificare.” In altre parole, per avere contezza di quello che sta succedendo, dobbiamo avere dei numeri chiari.
A questo serve la Red List stilata dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN): la lista restituisce una fotografia che cambia nel tempo e che ci permette di vedere come mutano le popolazioni animali in un dato lasso di tempo, considerando diversi fattori.
Noi scienziati possiamo mettere a confronto i numeri di una popolazione risalenti a trent’anni fa con quelli odierni e vedere come cambiano le dinamiche in un lasso di tempo, tenendo conto di fattori come il cambiamento climatico, il riscaldamento delle acque, l’andamento dell’inquinamento, l’aumento di rifiuti, lo stato delle popolazioni delle specie vegetali e così via.
Possiamo riassumere l’importanza della Red List in due punti fondamentali: avere il controllo della situazione grazie a dati numerici oggettivi e poter agire con interventi protettivi in difesa delle specie più vulnerabili.
Una domanda personale: lei inizia il suo libro raccontando come sia nata la sua passione per la natura che lo ha portato a intraprendere la carriera di biologo: come è possibile coinvolgere oggi giovani e adolescenti nel processo di salvaguardia della biodiversità?
Il problema non è tanto come far interessare i più giovani, ma piuttosto come non farli disinteressare: da piccoli si è naturalmente osservatori e amanti della natura che ci circonda – il problema è quando si cresce e si diventa adulti. In altre parole, il punto è trasformare l’esperienza infantile in un “affare da grandi”, portando lo stesso amore e la stessa passione anche in età adulta.
Sabrina Del Fico – contatti@sabrinadelfico.it