Con l’ordinanza del 28 febbraio, Il TAR di Firenze non ha solo sospeso gli abbattimenti dei pochi mufloni rimasti vivi al Giglio, ma ha aperto la strada per valutare l’illegittimità della loro eradicazione. Le associazioni animaliste ENPA, LNDC Animal Protection e VITADACANI con la Rete dei Santuari Liberi in Italia procedono ora con una diffida nei confronti del presidente dell’Ente Parco dell’Arcipelago Toscano, Giampiero Sammuri, dal continuare con la cattura, la traslocazione e la sterilizzazione di questi ultimi animali sopravvissuti a tre anni di eradicazione.
Firenze, 5 marzo 2024 – Con l’ordinanza del 28 febbraio scorso il TAR ha sospeso gli abbattimenti del muflone del Giglio deliberati dalla Regione Toscana.
Sulla base della documentazione e delle argomentazioni presentate dagli avvocati Michele Pezone ed Herbert Simone, per conto delle associazioni animaliste ENPA, LNDC Animal Protection, VITADACANI e la Rete dei Santuari, il TAR ha sospeso la caccia al muflone del Giglio.
Seppur cacciabile in molte regioni d’Italia, studi scientifici hanno rivelato come il muflone del Giglio sia di origini sarde, dunque appartenenti ad una specie protetta e non cacciabile, e come il suo DNA dimostri una purezza genetica unica che costituisce una importantissima risorsa per la biodiversità e per la comunità scientifica.
Nel sospendere la decisione della Regione Toscana di abbattere i mufloni, il TAR ha di fatto sollevato dubbi sulla legittimità del progetto di eradicazione del muflone dall’isola che l’Ente Parco dell’Arcipelago Toscano sta portando avanti dal 2021, insieme alla Regione Toscana, tramite un progetto cofinanziato dall’UE per un totale di 1.6 milioni di EURO, di cui 400.000 EURO destinati esclusivamente all’eradicazione del muflone.
“Il Tar ha affermato che le questioni sollevate nel ricorso si inseriscono nel contesto di sviluppo di un ampio piano pluriennale di eradicazione degli ungulati alloctoni dall’Isola del Giglio e non solo in quello più circoscritto della caccia programmata, per quanto non sia stato possibile impugnare tecnicamente anche il progetto di eradicazione essendo scaduti i termini per farlo – ha precisato l’avv. Michele Pezone – Riteniamo che questo sia il motivo per il quale il TAR abbia specificato che possono eventualmente proseguire le operazioni di cattura e trasferimento degli animali, in modo da garantire comunque la conservazione della specie”.
Nelle sue recenti dichiarazioni l’Ente Parco sminuisce l’ordinanza del TAR e dichiara di avere tutta la legittimità per procedere con le catture e le traslocazioni dei pochi mufloni rimasti, ma la sospensiva del TAR dovrebbe indurre a più miti consigli, in quanto se non vi fosse stato un pericolo per la conservazione di questi animali, finora oggetto di uno sterminio, il TAR avrebbe respinto la domanda cautelare, consentendo la prosecuzione degli abbattimenti anche degli ultimi esemplari.
Il muflone del Giglio è stato erroneamente classificato come appartenente al muflone comune, e si omesso di riconoscere le sue origini sarde, e dunque la sua appartenenza ad una specie protetta.
È per questo motivo che le associazioni ENPA, LNDC Animal Protection e VITADACANI con la Rete dei Santuari Liberi procedono ora a diffidare la Regione Toscana e l’Ente Parco dal continuare con le catture, le quali, oltre ad essere pericolose soprattutto in un periodo in cui ci possono essere femmine gravide, prevedono la traslocazione degli animali in vari centri in Italia dove verrebbero sterilizzati. La sterilizzazione comporterebbe comunque la perdita di questo nucleo di animali geneticamente puri, e minerebbe quindi l’obiettivo stesso del programma LIFE dell’UE che invece mira a preservare la biodiversità.
Vogliamo che il progetto di eradicazione venga interrotto e che un progetto di salvaguardia del muflone prenda il suo posto, così come è stato per la lepre di Pianosa. Anche in quel caso, e tramite un altro progetto UE capitanato dall’Ente Parco, la Lapre era stata erroneamente classificata come ‘lepre comune’ quando invece, sempre a seguito di studi genetici, si rivelò una rarissima specie protetta e, anziché eradicarla, l’Ente Parco dovette preservarla sull’isola di Pianosa.